“La fotografia deve far vibrare le corde dell’emozione di chi la osserva mantenendo sempre una dose di mistero: deve essere un dono particolare che produce immagini che parlano con semplicita’ e grazia, senza astrattismi o confusioni”. Antonio Gibotta, campano, ha solo 28 anni ma il suo curriculum racconta di più vite. Negli ultimi anni ha esposto a New York, Francia, Cina, Bruxelles, oltre a varie sedi in Italia. Nato ad Avellino nell’agosto del 1988, si è subito appassionato alla fotografia, osservando da vicino l’opera del padre, un affermato fotografo professionista. “Avevo 5-6 anni e già desideravo di seguirlo come assistente nei matrimoni: fino a che non mi ha chiesto di lavorare con lui, e di lì non mi sono mai fermato”. Ben presto ha trasformato la sua passione in professione, accumulando un notevole bagaglio di esperienza nella realizzazione di lavori e reportage di viaggio, in Italia e soprattutto all’estero, ritagliandosi una propria identità fotografica, che ovviamente risente della sua spiccata personalità.
Nel 2010 il primo reportage di viaggio con Edoardo Agresti, alba di un’ascesa senza soste. Ai FIOF Awards Nikon Contest 2012 è stata sua la fotografia più votata in assoluto dalla giuria del Fiof . Al “Canada International Digital Photography Award” è arrivato terzo nella categoria “Travel Photographer”. Secondo posto al “Px3 Prix De La Photographi Paris” nella categoria “Press”. In Francia all’ “Eté des portrait” si classifica primo nella categoria Reportage. La più importante azienda produttrice di carta fotografica Fine Art al mondo, la “Hahnemühle”, ha scelto una sua foto per promuovere la nuova carta Matt fibre 200 grammi. Nel 2014 è stato vincitore assoluto del concorso “FIOF – Wedding Photographer of The Year 2014” o. Nello stesso anno la National Geographic ha inserito una sua fotografia nel libro “Stunning Photographs”. Al Fiof Italy International Photography Awards è Vincitore Assoluto FIIPA, inoltre è vincitore assoluto della categoria “Storia”, 2° Classificato categoria “Ritratto”. Il 2016 è un anno d’oro: terzo posto al POY Picture of the year international categoria Feature Picture Story, primo classificato al FIPA Italy International Photography Awards nella categoria Reportage, primo nella categoria Reportage Movie Awards e secondo nella categoria Storia: un suo racconto inoltre rientra tra le 21 storie multimediali esposte al 5th LUMIX Festival for Young Photojournalism in Germania.
Al centro del suo obiettivo ci sono “l’uomo e l’attualità delle tematiche sociali”. La sua fotografia non ha bisogno di parole né di suoni per essere narrata, essa urla con i suoi silenzi, profondi ed enigmatici come il suo nero. La fotografia di Antonio riesce a far vibrare le corde dell’emozione di chi la osserva mantenendo sempre una dose di mistero. “Ogni viaggio che faccio è un’esperienza nuova, una continua scoperta-racconta con il sorriso sulle labbra e la mente già rivolta al prossimo lavoro- un momento molto forte è stato il percorso fatto a Lourdes al seguito degli ammalati, in particolare dei bambini che raggiungono Lourdes sul treno bianco. Mi ha permesso di riflettere sulle fortune che abbiamo e spesso non apprezziamo”.
Nel febbraio 2017 si è classificato secondo al World Press Photo nella categoria People con “Enfarinat”, lavoro dedicato alla cosiddetta “battaglia degli infarinati” si tiene ogni 28 dicembre a Ibi – in provincia di Alicante, in Spagna. È una festa esistente da 200 anni e collegata alle celebrazioni della Strage degli innocenti, in cui gli abitanti si dividono in due gruppi: un gruppo, gli Enfarinat (gli infarinati), simula un colpo di Stato; l’altro cerca di restaurare l’ordine. I due gruppi si sfidano a colpi di farina, acqua, uova e fumogeni colorati. “E’ stato piacevole ma faticoso al tempo stesso: collocarsi nel cuore della scena o carpire la visuale migliore non è mai semplice dal punto di vista dinamico”. Difficoltà di altro ordine hanno toccato invece l’approccio al lavoro “La nuova dipendenza”, dedicato all’utilizzo quasi smodato che i giovanissimi fanno di internet e social networks: “E’ un argomento che seguo da otto anni ormai- racconta- gli ultimi scatti sono di dicembre. Noto che è una generazione nella quale non riesco a riflettermi: non sono vecchio, ma vedo un grande distacco. Socializzano sul web, si fidanzano in chat, litigano sui forum: io per carattere sono taciturno, mi piace studiare e osservare. Per questo prediligo la fotografia, mi permette di esternare con un click riassuntivo di un’attenta analisi quello che sento.
Speranza e gelo sono protagonisti che si intrecciano in “Over 1000 migrants in the polar temperature of Belgrade”, idea nata dalla presenza di centinaia di migranti, per lo più afghani, siriani e iracheni, che da mesi hanno trovato rifugio nei depositi abbandonati lungo la ferrovia a Belgrado nel loro cammino di avvicinamento ai confini dell’Unione Europea. Temono di essere respinti e per questo evitano le strutture di assistenza ufficiali. “Si lavavano con acqua fredda a -20 gradi. Si riscaldavano con il fumo che arrivava da un capannone. La maggior parte di loro aveva malattie respiratorie e non poteva curarle”. Ma fotografare vuol dire anche rispettare. Chi guarda i tuoi scatti e soprattutto chi ne è soggetto. L’immagine può far male. E a volte la macchina fotografica può essere un’arma. Così un click non premuto “vale più di una bella foto” ammette Antonio. “Ricordo che a Idomeni una volta mi avevano chiesto con modi anche forti di fotografare le piaghe che una persona aveva dopo essere rimasta in sedia a rotelle per anni. Moralmente ed eticamente, non me la sono sentita di comunicare un concetto così crudo”. L’immagine come il messaggio più importante: “Ma guai a perdere la sensibilità-ammonisce Gibotta-purtroppo con il proliferare di cellulari e tablet, tutti possono essere testimoni di un attimo. E temo che così facendo, abbiamo perso l’innocenza: non si ha paura di mettere in piazza la privacy altrui”.
Giovanissimo ma già in grado di fungere da modello per tanti, Gibotta non ha paura di dare un semplice quanto determinato consiglio a chi vuole avvicinarsi alla professione: “Odio chi dice che ormai è già stato fatto tutto. E’ una resa in partenza, e non va bene. Ai ragazzi dico: andate a vedere cosa c’è di non detto con le immagini nel mondo. E’ questo il primo passo da fare. Ma è tosta. Tanto, davvero tanto”. Post-it per i posteri. E per gli aspiranti reporter. Parola di Antonio Gibotta.
Per approfondimenti: http://ag.antoniogibotta.com/#
World Press Photo: https://www.worldpressphoto.org/