Da giorni sul web e nei social imperversa la foto vincitrice dei 120.000 dollari in uno dei concorsi più prestigiosi al mondo: HIPA’s 8th season’s Competition “The HOPE”.
Tante tante parole, poche riflessioni. Partendo dal fatto che la fotografia è sempre stata la rappresentazione soggettiva della realtà, non vedo il perché fare tante polemiche sulla verità in fotografia. Piuttosto perché non vengono fatte riflessioni sull’etica di chi fotografa? Sul fatto di considerare una immagine fotografica non più bella o brutta ma buona o non buona?
Sin dal 1855 in Crimea, con la prima guerra fotografata, Roger Fenton incaricato dalla corona inglese, fotografò gli aspetti più accettabili del conflitto, quindi una realtà godibile.
Se è vero che il lavoro del fotografo raccontava una verità di propaganda, è altrettanto vero che gli stessi occhi avranno visto soldati a terra morti dopo una battaglia, allora le immagini prodotte da Fenton non sono vere?
Le immagini di Fenton erano buone per testimoniare ciò che stava avvenendo in un luogo lontano, magari rassicurando le famiglie degli stessi soldati ripresi durante il rancio o mentre erano al bivacco.
Occorre tener presente di tante variabili per giudicare una fotografia, per di più all’interno di un concorso fotografico. Non credo sia uno dei primi casi di foto giornalistica posata, ancora oggi ci sono studi e diatribe aperte sulla veridicità di alcune icone.
Il discorso, come precedentemente accennato, dovrebbe spostarsi sull’etica del fotografo e non solo, la fotografia è un conduttore di comunicazione e può essere prodotta per molti scopi. La fotografia, più di qualsiasi testo scritto, si propone con una grande forza di obiettività, se le informazioni scritte possono omettere o distorcere la verità, le foto appaiono come la testimonianza credibile dell’evento, perché raccontano il momento del fatto.
Ecco qui che entra in gioco l’etica di chi fa click, oltre ai valori estetici, in altre parole si sbaglia a credere che tutte le immagini a corredo di articoli, o scelte per una esposizione o per un concorso, siano indenni dall’estetica.
A tal proposito facciamo riferimento al fotografo BRASSAI che riesce a spiegare questa ultima verità con una semplicità estrema:
“La fotografia ha un doppio destino… è la figlia del mondo apparente, del momento vissuto, e come tale manterrà sempre qualcosa del documento storico o scientifico, ma è anche la figlia della cornice, un prodotto delle belle arti, cui è richiesto di riempire lo spazio piacevolmente e con armonia, in bianco e nero o a colori. In questo senso, l’immagine avrà sempre un piede nel campo delle arti grafiche e non potrà mai svincolarsi da questa situazione”
// Articolo di Diego Pizi