Un tempo, nella società di ieri, l’Uomo Colto, aristocraticamente Colto, poteva, semplicemente poteva, poteva tutto. L’Uomo Colto, dotato di questa particolare forza, energia, mosso da interessi alti, poteva. Non incontrava ostacoli. Le porte della società gli si aprivano, perché gli era riconosciuta l’autorevolezza (cosa ben diversa dall’essere autoritario !).
Non esistevano ostacoli economici, commerciali o comunque legati ai particolarismi e ai minuscoli interessi del “proprio orticello”. Di talché la Cultura era dispensata e a noi non rimaneva che ascoltare, apprendere, metabolizzare e…crescere.
Oggi, invece, nella società del rumore, è tutto diverso. E’ tutto cambiato.
Non si può così e semplicemente edificare un salotto culturale aperto a tutti, affinché gli spiriti liberi si incontrino su di un piano di crescita creativa e sano confronto, sì da generare un coinvolgimento degli animi in direzione di mete elette.
E’ necessario sottostare !!
Legacci politici, commerciali, economici, ignoranza diffusa, indifferenza, amicizie, sostanziano le difficoltà. Anche se non dappertutto e non sempre è così.
Ebbene, FIOF e Orvieto si sono incontrati anni fa e hanno continuato a incontrarsi e ad amarsi. Ma il loro amore è diventato il nostro amore.
Menti elette hanno rotto gli schemi concettuali e applicativi della società del rumore e il rumore stesso è stato sostituito dalla MUSICA.
Le note della Libertà di pensiero e di una straordinaria Anarchia culturale risuonavano alte per Orvieto.
Come è stato possibile tutto ciò ?
Energia, forza, volizione, interesse, orizzonti della mente aperti e mai chiusi, conoscenza, SACRIFICIO della “Gente del FIOF”. E la patria di tutto ciò è stata Orvieto, ospitale, educata, civile, ricettiva, occhi mai offuscati, capaci di guardare oltre, e orecchie capaci di ascoltare, “ascoltare l’ascolto”, come ha detto qualcuno.
E’ stato bello. Anzi, BELLISSIMO !! Anzi, EMOZIONANTE !! Di più, COMMOVENTE !!
E poi, che spettacolo ! Era pieno di ragazzi, giovani spiriti inquieti desiderosi di conoscere, ascoltare, apprendere, ma anche di dire la propria, farsi sentire, con le fotografie, con le parole, con i pensieri.
E poi, allegria e gioia! Mai stanchi. E si parlava, e si diceva, e si gridava, e ci si incontrava, e si camminava, e si vedeva, e si osservava, e si imparava. In uno, si VIAGGIAVA.
Caspita, che MUSICA !
Esagero ? Bene, Signori, entrate, venite, venite a vedere e sorprendetevi, come grida a piena voce “l’uomo con il cappello” all’ingresso del circo in tutti i film d’autore. I film di un tempo.
Il “momento” culturale alto si è avuto grazie anche alla generosissima partecipazione di tutti i Fotografi, fotogiornalisti, ritrattisti, sperimentatori, narratori, tecnici, autori, imprenditori, critici, editori, studiosi o semplici appassionati, tutti, però, Fotografi, semplicemente Fotografi, i quali si sono concessi al pubblico e ai partecipi senza riserve, senza segreti, così diventando Maestri di vita ed educatori.
E così abbiamo CONOSCIUTO.
Poi le mostre.
Le Fotografie, anche di bambini.
E i bambini mi elicitano un pensiero ulteriore, un altro spunto.
Non ho citato alcuno dei Fotografi e di coloro che si sono avvicendati sul palco di Orvieto, in quanto tutti si sono distinti per generosità, ampiezza, condivisione e cultura. Tutti, dal nome più illustre al nome meno conosciuto. E di nomi illustri e famosi il palco era pieno! Ma all’agape fraterna i meriti dei partecipi si sono equivalsi.
Ciò detto, violando la regola che mi sono dato (naturalmente dato), non posso fare a meno, proprio non ci riesco, non posso fare a meno di evocare in questa sede la figura di Attilio Pavin.
Attilio non devo dire chi è, gli farei un torto, perché tutti lo conoscono, ma devo dire – ed è una necessità stringente – della sua Passione, del suo Amore, della sua Emozione emozionante, del suo lavoro con i Bambini, ai quali ha insegnato. Li ha educati al bello, alla conoscenza, al saper fare. Li ha coinvolti. Li ha illuminati. Ma, soprattutto, li ha sorpresi. Così come ha sorpreso noi tutti.
Orvieto, Grazie ! Grazie di averci fatto respirare,
Rinaldo Alvisi
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