Garry Winogrand è stato un fotografo di immensa statura culturale. Eppure non in molti, in italia, lo conoscono. Nel senso che pochissime, credo, sono state le rievocazioni, le mostre e altro. O perlomeno negli anni recenti. E gli stessi fotografi professionisti di oggi lo conoscono poco, credo. Forse lo conoscono di più gli appassionati. Era un uomo dalla straordinaria semplicità. Quando fotografava, alla domanda “che fai ?” rispondeva “I survive” ! Non gli interessava proprio realizzare una “bella” fotografia. Gli interessava, invece, incorniciare all’interno del “frame” il momento di vita e l’intensità emozionale della stessa.
Era altamente prolifico. Migliaia di rulli. Poi abbandonati in un cassetto. Sviluppati e stampati sotto forma di provini dopo chissà quanto. Dimenticati. E poi riscoperti e valutati. Il modo migliore per valutare. Che dite, è un po’ contro la velocità e la fretta del digitale ? Conoscerlo è educarsi ! Anche un po’ “ubriacarsi”. La sua sensibilità commuove. E’ morto giovane, di malattia. Non vado oltre. Lo spazio a mia disposizione non me lo consentirebbe. Internet, se usato in modo appropriato è uno strumento potentissimo non solo per conoscersi, invero una conoscenza alquanto superficiale, ma anche per conoscere.
Chi ha voglia di esplorare Winogrand ricorra a internet. Noi, ora, abbiamo questa sua fotografia. Cosa ci dice ? Dal punto di vista tecnico e grafico, nonostante l’inquadratura obliqua, ma anche grazie all’inquadratura obliqua, la composizione è perfetta. La ragazza a destra, con la testa e lo sguardo sul taglio alto della fotografia, centrati sul punto di interesse visivo. I ragazzi a sinistra, a chiudere, come una “quinta viva”, la diagonale, che in alto si allarga nella significativa parola “factory”. Non interessava a Winogrand di dover inclinare la macchina, con l’orizzonte che sarebbe pesato solo da un lato, pur di racchiudere all’interno della cornice fotografica tutti gli elementi vitali del momento. Anzi, diventava uno strumento ulteriore, legato in via pertinenziale ed esclusiva al fine ultimo.
Ultimo e primo. Trasmettere la vita. Il “momento” di Winogrand in questo fotogramma ? Lo sguardo ferocemente ostativo della ragazza grassoccia, la quale respinge non il fotografo che la riprende, ma l’ulteriore sguardo di chi può impietosamente metterla a confronto della bellezza. La quale, surrealmente, si svolge a un passo da lei. I due ragazzi che si baciano, si amano. Belli. E sono lieti che lo sguardo li colga, perché a loro il confronto piacerà, ovviamente. E’ significativo, sul punto, l’ammiccamento, il cenno d’intesa della ragazza che bacia. Quasi una prostituzione volta a noi che osserviamo.
La triangolazione degli sguardi, il fotografo e le due ragazze, trova poi un perno di rotazione sul lemma “factory”, che campeggia in alto a destra, come a ricordarci che siamo tutti operai della stessa industria (“factory” in inglese significa industria). Industria che genera la vita, che Winogrand in modo più unico che raro riesce a farci assaporare. Io mi sforzo sempre di ricercare e ritrovare all’interno di ogni fotografia punti surreali. È lì che si nasconde il talento. E per punti surreali intendo dire non il surreale creato ad arte, l’artefatto, bensì il surreale percepito e catturato. Il magico circostanziale, che solo la vita riesce a generare, a mettere insieme. Sta a noi coglierlo. E sta sempre a noi riuscire a scoprirlo attraverso la lettura attenta, e mai superficiale, della “stampa” fotografica. Termine ormai in disuso !Facciamo un passo avanti.
E oggi? Non intendo richiamare i nomi dei “Fotografi noti”. LI conoscete. Li conosciamo. Li amiamo tutti noi. Vorrei, invece, analizzare l’immagine di una giovanissima Fotografa. Colta, raffinata, fresca e vitale. Francesca Colacioppo. La sua fotografia è esattamente in linea, non un millimetro di meno, non un millimetro di più, con tutto ciò che io studio da oltre trentacinque anni. Ed è perfettamente in linea con tutte le mie “ossessioni” fotografiche, le quali, per fortuna o per sfortuna, hanno avuto modo di confrontarsi con innumerevoli libri letti, di ogni genere, non solo di fotografia ; con innumerevoli mostre e innumerevoli musei visitati in giro per tutta l’Europa e un po’ di mondo; con innumerevoli racconti degli artisti, dei fotografi e degli architetti; con innumerevoli dischi ascoltati e concerti frequentati. Ma è in linea soprattutto con il mio amore più profondo e più violento, rappresentato dal surrealismo di Andrè Breton, che ne era il padre. Nella fotografia di Francesca abbiamo quel soggetto centrale. La donna. Ma è la donna o la finestra il soggetto? La donna è comunque al centro.
Ma non proprio al centro geometrico. Solo la sua gamba, quella che pigia con forza a terra. E per una ragione. La donna sostiene tutto il peso della finestra illuminata. Quasi a reggere l’intera gravità della vita ! E’ un po’ scostata, un po’ di lato, perché all’inizio non ce la fa. Il corpo non è in asse con il montante centrale della finestra. E allora pianta la gamba. Questa, sì, in asse con l’infisso. Ma ha bisogno di un aiuto. E allora tre gambe, che sono tre con le due della panchina. A sinistra il soggetto in primo piano, appena accennato, come a sfuggire alla geometria della vita. O a rientrarvi. Controbilanciato dinamicamente dall‘armadio che si trova sul punto esattamente opposto, a chiudere la diagonale. La regola decisionale della vita che pone nuovamente tutto in equilibrio. Il surreale colto e non creato dal fotografo. Chapeau ! Ed ecco il commento, su questa stessa fotografia, di Francesco Lodato, Scrittore in quel di Roma, il quale in pochi attimi ha elaborato un racconto di poche righe, di poche, affascinanti parole : “La vecchia sembra attendere qualcuno. Forse l’infermiera. O il principe delle favole che amava. O l’uomo nero, dal petto spogliato, dal cielo bruciato. Oppure se stessa giovane, che la guarda di traverso. Una vecchia nomade che riposa sul cammello, la gamba che penzola, in asse con Dio”. E alla mia successiva provocazione, con la quale gli chiedevo di valutare le “intenzioni” del soggetto a sinistra. Se questi volesse rientrare o sfuggire. Se volesse essere riportato in asse con dio o volesse, invece, sottrarsi al giudizio e rifugiarsi negli inferi, ha concluso, Francesco Lodato, affermando : “ho trovato, la vecchia è Euridice ritornata Dall’Ade per trovare Orfeo e dirgli: la prossima volta ti bendo imbecille. E Il soggetto a sinistra chiede forse una proroga alla condanna. Cerca di commuovere Dio che, si sa, non c’è mai”.
Ora a voi, Signori miei.
Rinaldo Alvisi
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