Maurizio Galimberti nasce a Como nel 1956, crescendo nella città di Meda ,in Brianza, per poi intraprendere la carriera di geometra nell’impresa edile famigliare.
Fin da piccolo però egli è appassionato alla fotografia analogica, a dimostrazione, le sue numerose partecipazioni a concorsi fotografici e l’utilizzo nei suoi primi scatti della Widelux, fotocamera analogica ad obbiettivo rotante.
La fotografia è una passione che è cresciuta e maturata con me, che quindi parla di me, anzi parla per me
LA POLAROID
Tratto distintivo del fotografare di Galimberti sarà, fin dal 1983, l’utilizzo esclusivo della Polaroid, abbandonando la Widelux, senza però, come ha sempre sottolineato lui stesso, credere mai al “mito del mezzo”, ma concentrandosi bensì sul linguaggio fotografico e al progetto. Successivamente, nel 1991 egli diventerà testimonial della stessa Polaroid, realizzando il volume POLAROID PRO ART, pubblicato 4 anni dopo.
Ai miei 27 anni uscì la Polaroid e capì fin da subito la potenzialità di questo mezzo, utilizzai fin da subito i primi modelli usciti. La Polaroid rappresenta infatti una temporalità vorace, il tutto e subito, e sono cosciente di essere un mangiatore d’immagini
– tanto da essere definito Instant Artist -.
Inoltre la bellezza della Polaroid è poter scrivere sopra l’oggetto e questo lo trovo fantastico”, così Galimberti vuole sottolineare il valore dell’oggetto fisico, la possibilità di modificarlo e l’importanza anche con la fotografia della gestualità : “la gestualità è molto importante perché quando ad esempio schiaccio dell’inchiostro sulle mie polaroid era come essere dentro in prima persona nella creazione dell’opera
IL RITRATTO-MOSAICO
Il “Mosaico” diventa ben presto la tecnica preferita dal comasco, per ritrarre personaggi e non solo, arrivando a fotografare celebri personaggi come Achille Castiglioni, o Johnny Depp e George Clooney o ancora nel mondo della musica, il cantautore britannico Sting.
Ho iniziato a scattare a 16 anni perché mi affascinava vedere il mondo dietro un obbiettivo.Quando andavo nei cantieri con mio padre che aveva un’ impresa edile e sognava di farmi diventare architetto, mi piaceva utilizzare uno strumento, il livello, una sorta di binocolo e mi allevano a sezionare e calcolare i tralicci che reggevano i ponteggi utilizzati per le ristrutturazioni edili. Scomporre era diventato per me un processo meccanico della mia mente, il senso dello spazio l’ho appreso in questa maniera
spiega lucidamente Galimberti ricordando la sua giovinezza.
Chiara anche l’dea che ha l’artista del ritratto fotografico:
per me il ritratto è un racconto visuale che cerca di descrivere la personalità del soggetto e mai e poi mai si sofferma su una condizione momentanea ed artefatta. Per fare questo utilizzo il mosaico di Polaroid, procedimento estetico che risente sicuramente di molte contaminazioni artistiche derivanti dalla scomposizione della forma cubista, dall’idea futurista di movimento e velocità di Boccioni influenzato poi dal ‘nudo che scende le scale’ di Marcel Duchamp.
LA TECNICA DEL READY-MADE
E’ anche un concetto di riappropriazione, per esempio la Monroe di Warhol la facciamo diventare un mosaico, lo faccio diventare un oggetto che appartiene alla mia quotidianità
spiega Galimberti, volendo far notare il suo utilizzo della tecnica del ready-made, cioè prendere degli oggetti fisici e modificarli, utilizzandoli per disorientare, spiazzare, sorprendere lo spettatore, portando quest’ultimo nella visione e nella progettualità dell’artista.
L’IMPORTANZA DELLA CULTURA
La sua arte è specchio anche di grande cultura e conoscenza vasta, enciclopedica, come la definirebbe Cicerone, che va oltre la sola fotografia:
se non hai cultura non vai da nessuna parte, se non conosci il mondo come fai a poterlo raccontare?
inoltre come afferma Galimberti bisogna farsi sempre forti di una grande cultura artistica, tanto che nell’osservazione del mondo si veda non solo con i propri occhi ma anche con quelli dei grandi artisti del passato che ci hanno preceduto,
…che sono migliaia non milioni
fa notare Galimberti.
Lo scopo dell’artista di oggi quindi secondo l’idea di Galimberti, a matrice citazionista a modello delle Lezioni Americane di Calvino, è riciclare il vecchio, in questo caso vecchie immagini di grandi artisti del passato e contemporaneizzarle con strumenti moderni.