Si possono fare foto senza macchina fotografica? La risposta è si! Patrick Bailly-Maître-Grand da più di 20 anni si sta riappropriando di alcune tecniche e procedimenti storici della fotografia di un tempo come la dagherrotipia. Con un’attività analogica e lontana dalle innovazioni, che si pone a metà tra rigore scientifico e poesia plastica, Patrick risulta essere un alchimista oltreché un poeta dell’immagine.
Patrick Bailly-Maître-Grand è nato nel febbraio del 1945 a Parigi; dopo gli studi scientifici di fisica e chimica, con laurea magistrale in fisica nel 1969, professioni da lui abbandonate a seguito di un incidente, si dedica per dieci anni alla pittura e negli anni ’80 inizia ad utilizzare strumenti e mezzi fotografici per esprimersi.
Le sue opere sono state esposte nelle mostre di tutto il mondo e si trovano nelle collezioni di numerosi musei prestigiosi come il Centre Georges Pompidou a Parigi, il MoMa di New York e il Victoria Museum di Melbourne.
Le immagini, seppur vicine alle tendenze contemporanee, sono realizzate esclusivamente in analogico e sono caratterizzate da una giocosa fantasia combinata all’utilizzo di tecnologie complesse come il dagherrotipo, la strobofotografia ed il viraggio chimico. Per lui “i PIXEL” rappresentano un dolcificante che serve a coprire l’amarezza della realtà; potrebbe sembrare che disdegni le nuove tecnologie e le nuove strumentazioni, invece no se queste vengono affiancate alla sperimentazione.
Ciò che interessa a Bailly-Maître-Grand, è che la realtà venga percepita in un modo per nulla ordinario, con l’unico obiettivo di destabilizzare chi osserva.
Attualmente i suoi lavori possono essere rintracciati nelle seguenti gallerie: Baudoin Lebon – Parigi; Lucien Schweitzer – Lussemburgo; Tagomago – Barcellona; Michel Soskine – Madrid e New York.
Per maggiori informazioni https://www.baillymaitregrand.com/.
// Articolo di Diego Pizi