Dall’8 aprile al 7 ottobre 2018, oltre cento immagini fotografiche consentono una rilettura del lavoro fotografico di uno dei più significativi artisti del XX secolo.
Man Ray, sperimentatore instancabile e figura poliedrica che ha attraversato assieme a Duchamp Dadaismo e Surrealismo, è stato di fatto il primo rappresentante americano di Dada, ma soprattuto uno dei più grandi fotografi del XX secolo. La fotografia è stata uno dei suoi media preferenziali che ha contribuito ad elevare a livello di arte.
La mostra MAN RAY
Wonderful visions, a cura di Elio Grazioli, ospitata dall’8 aprile alla Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di San Gimignano, ripercorre le tappe fondamentali del suo percorso creativo, attraverso alcune delle opere più famose, evidenziando la sua straordinaria capacità di reinventare tutto ciò che ha toccato, a partire proprio dai readymades dell’amico Marcel Duchamp. Questi ultimi sono stati trasformati in “oggetti d’affezione” così come la fotografia è stata trasformata in “fotografia d’affezione”, cioè a funzionamento simbolico invece che a pura registrazione. Ogni soggetto fotografato è stato trasfigurato e caricato di senso proprio: i ritratti, gli autoritratti, i nudi, gli still life, le composizioni più complesse, ma anche la fotografia di moda, quella di pubblicità.
“L’affezione è ciò che crea il mistero – spiega il curatore – è il sentimento segreto che resta enigmatico al di là dello svelamento simbolico, è una dimensione privata in più di cui si carica l’oggetto, fotografia compresa, e lo sguardo, che si fa ‘incantato’”.
Man Ray è riuscito a trasformare ogni immagine in enigma, in qualcosa di inconsueto, inatteso e straniante.
La mostra restituisce il Man Ray fotografo con un taglio particolare che afferma l’equivalenza tra il fotografo artista, quello di moda, di pubblicità, di fotografia pura. Ciò che accomuna e lega in un unico gesto creativo è lo sguardo, quello che trasforma tutto in “meravigliose visioni”. Le immagini fotografiche in mostra seguono un ordine cronologico, che non rimanda ai generi, ma appunto a quell’unico sguardo da cui nascono realmente.
“Ho tentato di cogliere le visioni che il crepuscolo o la luce troppo viva, o la loro fugacità, o la lentezza del nostro apparato oculare sottraggono ai nostri sensi. Sono rimasto sempre stupito, spesso incantato, talvolta letteralmente ‘rapito”
– ha scritto Man Ray.